Analisi sul Medio Oriente in fiamme di Jeffrey Sachs pubblicata da “Il fatto quotidiano”

Il professore, economista e saggista Jeffrey Sachs è ormai una firma abituale de Il Fatto che, nell’edizione del 18 dicembre 2024, alla pagina 17 ESTERI pubblica il testo estratto dal sito progressista “common dreams”, nella traduzione di Miriam Mirolla. Per non disperdere questo contributo alla comprensione di ciò che accade nel Medio Oriente, a noi pervenuto dalla lettura del cartaceo de Il Fatto, lo proponiamo su questo sito.

JEFFREY SACHS

L’interferenza americana, su richiesta della componente ultranazionalista di Israele che sostiene Netanyahu, ha lasciato il Medio Oriente in macerie.

Nelle celebri parole dello storico romano Tacito: “Saccheggiare, massacrare, usurpare sotto falsi nomi, lo chiamano impero; e dove fanno il deserto, lo chiamano pace”. Ai giorni nostri, sono Israele e Usa a fare il deserto e a chiamarlo pace.

La storia è semplice. In flagrante violazione del diritto internazionale, il premier Netanyahu e i suoi ministri rivendicano il diritto di governare su 7 milioni di arabi palestinesi. Nel momento in cui l’occupazione israeliana dei territori palestinesi genera resistenza armata, Israele etichetta quella resistenza come “terrorismo” e invoca l’intervento degli Usa per rovesciare i governi mediorientali che sostengono i “terroristi”. Gli Usa, sotto l’influenza della lobby israeliana, entrano in guerra per conto di Israele.

La caduta della Siria questa settimana rappresenta il culmine della campagna israelo-statunitense contro la Siria, una campagna iniziata nel 1996 con l’arrivo di Netanyahu al potere. La guerra di Israele e Usa contro la Siria si è intensificata nel 2011 e 2012, quando Obama incaricò segretamente la Cia di rovesciare il governo siriano con l’operazione “Timber Sycamore”. Quello sforzo ha raggiunto il suo scopo proprio questa settimana, con oltre 300.000 morti nella guerra siriana, dal 2011 a oggi.

La caduta della Siria è avvenuta rapidamente a causa di oltre un decennio di sanzioni economiche devastanti, per il peso della guerra, il sequestro del petrolio siriano da parte degli Usa, le priorità della Russia in Ucraina e, più recentemente, per gli attacchi di Israele a Hezbollah, che rappresentava il principale supporto militare al governo siriano. Certamente Assad ha spesso gestito male la situazione e ha dovuto affrontare un grave malcontento interno, ma da decenni il suo regime era ormai stato destinato al collasso da Usa e da Israele. Prima che la campagna israelo-statunitense contro Assad prendesse slancio nel 2011, la Siria era un paese di medio reddito funzionante e in crescita. (…) Dal 2011, la guerra perpetua israelo-statunitense contro la Siria, comprendente bombardamenti, jihadisti, sanzioni economiche, il sequestro dei giacimenti petroliferi da parte degli Usa e altro ancora, ha fatto precipitare il popolo siriano nella miseria. Nei due giorni immediatamente successivi al crollo del governo, Israele ha effettuato circa 480 attacchi in tutta la Siria, distruggendo completamente la flotta siriana a Latakia. Perseguendo il suo programma espansionista, Netanyahu ha rivendicato illegalmente il controllo della zona cuscinetto smilitarizzata nelle Alture del Golan e ha dichiarato che faranno parte dello Stato di Israele “per l’eternità”.

L’ambizione di Netanyahu di trasformare la regione attraverso la guerra, che risale a quasi tre decenni fa, si sta concretizzando sotto i nostri occhi. In una conferenza stampa del 9 dicembre, il premier israeliano si è vantato di una “vittoria assoluta”, giustificando il genocidio in corso a Gaza e l’escalation di violenze in tutta la regione: “Vi chiedo, pensate solo a questo: se avessimo dato ascolto a chi ci chiedeva di fermare la guerra, non saremmo entrati a Rafah, non avremmo preso il corridoio di Filadelfia, non avremmo eliminato Sinwar, non avremmo sorpreso i nostri nemici in Libano e nel mondo intero con un’operazione audace, non avremmo distrutto la rete sotterranea di Hezbollah, non avremmo rivelato la debolezza dell’iran”.

La lunga storia della campagna israeliana per rovesciare il governo siriano è poco conosciuta, ma i documenti sono chiari. La guerra di Israele contro la Siria è cominciata con i neoconservatori statunitensi e israeliani nel 1996, che idearono una strategia chiamata Clean Break per il Medio Oriente, presentata a Netanyahu non appena entrò in carica. L’idea era quella di respingere lo schema di “terra in cambio di pace” e mantenere i territori occupati, creando uno stato di apartheid e rovesciando i governi vicini che resistevano alle rivendicazioni territoriali di Israele.

La strategia di Netanyahu è stata integrata nella politica estera Usa. Sconfiggere la Siria è sempre stata parte fondamentale del piano. Ciò è stato confermato al generale Wesley Clark dopo l’11 settembre. Gli fu detto, durante una visita al Pentagono, che “attaccheremo e distruggeremo i governi di 7 Paesi in 5 anni: inizieremo dall’Iraq e poi ci sposteremo in Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e Iran”. L’iraq sarebbe stato il primo, poi la Siria e il resto. (…) Gli Usa hanno guidato o sponsorizzato la guerra in Iraq (invasione del 2003), Libano (finanziamento e armamenti a Israele da parte Usa), Libia (bombardamenti Nato nel 2011), Siria (operazione della Cia nel 2010), Sudan (supporto ai ribelli per dividere il Sudan nel 2011) e Somalia (supporto all’invasione dell’Etiopia nel 2006). Una potenziale guerra con l’iran, ardentemente ricercata da Israele, è ancora in sospeso.

La Cia ha sostenuto i jihadisti islamici per combattere queste guerre, e i jihadisti hanno appena rovesciato il regime siriano. La Cia, dopotutto, ha contribuito a creare al Qaeda in primo luogo addestrando, armando e finanziando i mujaheddin in Afghanistan dalla fine degli anni 70 in poi. Sì, Bin Laden in seguito si è rivoltato contro gli Usa, ma il suo movimento è stato una creazione statunitense. (…) L’operazione “Timber Sycamore” è stato un programma segreto della Cia da 1 miliardo di dollari lanciato da Obama per rovesciare Bashar al-assad. La Cia ha finanziato, addestrato e fornito intelligence a gruppi islamici radicali ed estremisti.

(…) Per la mentalità sionista israelo-statunitense, una richiesta di negoziazione da parte di un avversario è considerata un segno di debolezza dell’avversario. Coloro che chiedono negoziati dall’altra parte di solito finiscono per morire, assassinati da Israele o da risorse statunitensi. L’abbiamo visto di recente in Libano. Il ministro degli Esteri libanese ha confermato che Hassan Nasrallah, ex segretario generale di Hezbollah, aveva accettato un cessate il fuoco con Israele qualche giorno prima del suo assassinio. La volontà di Hezbollah di accettare un accordo di pace secondo i desideri del mondo arabo-islamico di una soluzione a due Stati, è di lunga data. Nello stesso modo, invece di negoziare per porre fine alla guerra a Gaza, Israele ha assassinato il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran. Nello stesso modo in Siria, invece di consentire l’emergere di una soluzione politica, gli Usa si sono opposti più volte al processo di pace. Nel 2012, l’onu aveva negoziato un accordo di pace in Siria che fu bloccato dagli americani, che chiesero che Assad se ne andasse il primo giorno dell’accordo di pace. Gli Usa volevano un cambio di regime, non la pace. Nel settembre 2024, Netanyahu si rivolse all’assemblea generale Onu con una mappa del Medio Oriente divisa tra “Benedizione” e “Maledizione”: Libano, Siria, Iraq e Iran erano dalla parte della maledizione. Ma la vera maledizione è il percorso di caos e guerra voluto da Israele, che ha travolto Libano e Siria, con la fervente speranza di Netanyahu di trascinare gli Usa in guerra anche con l’iran.

(…) In breve, l’interferenza americana, su richiesta di Netanyahu, ha lasciato il Medio Oriente in rovina, con oltre un milione di morti e guerre aperte che infuriano in Libia, Sudan, Somalia, Libano, Siria e Palestina, e con l’iran in procinto di acquisire un arsenale nucleare, spinto contro le sue stesse inclinazioni verso questa eventualità.

Tutto ciò per una causa profondamente ingiusta: negare ai palestinesi i diritti politici, per soddisfare l’estremismo sionista basato sul Libro di Giosuè del VII secolo a.c. Significativamente, secondo il testo su cui si basano gli stessi fanatici religiosi di Israele, gli Israeliti non erano nemmeno gli abitanti originari di quella terra. Piuttosto, secondo il testo, Dio ordina a Giosuè e ai suoi guerrieri di commettere molteplici genocidi per conquistare la terra. Le nazioni arabo-islamiche e quelle di quasi tutto il mondo si sono ripetutamente unite nella richiesta di una soluzione a due Stati e di pace tra Israele e Palestina. Invece Israele e Usa hanno creato un deserto e l’hanno chiamato pace.

Article Name:STRATEGIA DISTRUTTIVA .ISRAELE E USA: SIRIA KO. .E LA CHIAMANO PACE.

Publication:Il Fatto Quotidiano

Author:» JEFFREY SACHS traduzione di Miriam Mirolla

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