Testimonianza: Claudio all’arrivo. Agosto 2016
Che dire…
Il superviaggio con Matteo e le avventure in aeroporto;
Il caldo soffocante delle 5 del mattino a Beirut dopo le occhiate dubbiose all’ufficio visti in aeroporto;
Il congiungimento con Olga e Giovanni e il pulmino sgangherato di Whalid;
Il viaggio dondolante attraverso paesaggi notturni, check point spettrali e sotto un cielo del tutto nuovo;
Gli incontri di stamane coi responsabili di Assomoud per parlare dei corsi di musica;
L’entusiasmo reale dei bimbi curiosi alle finestre, nelle aule e per le strade, a cui basta un semplice “Hello!” per catapultarli fuori dal campo;
Un tramonto mozzafiato visto dalla collina del cimitero, perchè anche i morti godano di quello spettacolo;
Le jam notturne in casa coi ragazzi palestinesi;
Le strade affolate per la festa con le donne protagoniste di una società tutt’altro che repressiva;
Nuovi suoni, modi e visioni tutte da imparare, per non rimanere fossilizzati nei propri dogmi;
Adesso, dopo la prima settimana posso tirare un pò di somme. Riesco più o meno ad orientarmi nel campo, i ragazzi del corso, dopo alcuni giorni di assestamento, rispondono bene e partecipano con entusiasmo alle lezioni. Il tutto va delineandosi in maniera più chiara, anche grazie al prezioso aiuto dei volontari indigeni, senza i quali non potremmo fare lezione!
Qui hanno un approcio verso la musica che è diametralmente opposto al nostro, quindi stiamo entrando in punta di piedi nel loro mondo, cercando di insegnargli cose come la tecnica e il solfeggio che li aiuteranno a crescere anche quando noi andremo via.
Come ha detto Abu Whassim (responsabile del centro Assoumud),:”Qui la situazione è diversa da quella che vivete abitualmente, quindi cercate di avere pazienza e se le persone all’inizio sembrano arrabbiate o tristi, non è per colpa vostra, ma dall’essere confinati in un campo: dipende dal cuore…”
La diffidenza iniziale va pian piano scomparendo e ora siamo sulla buona strada!
Fuori da Assoumud c’è un clima al confine tra città e villaggio, dove puoi trovare tantissime persone nella miriade di dedali in cui il campo si snoda.
Il mondo arabo vive di abitudini e costumi che sto capendo, dove l’ospitalità è sacra e anche gli stranieri (qualunque cosa voglia dire) sono trattati allo stesso modo.
In fondo basta parlare lo stesso linguaggio musicale e anche un eschimese con un palestinese possono capirsi. È per questo che adoro la Musica: apre varchi che nessun processo di pace potrà mai colmare.
E poi che dire… Casa Ulaia si è arricchita ieri notte di Andrea e domenica spalancherà le porte anche a Daisy.
Il mio viaggio continua…
Claudio Madeddu