The Hind Rajab Foundation chiede l’arresto di un soldato israeliano in vacanza in Brasile
Quella della richiesta di arresto per il soldato israeliano in vacanza in Brasile al termine del periodo di servizio a Gaza non è la prima richiesta emessa dalla fondazione The Hind Rajab (HRF) a carico di soldati israeliani accusati di aver partecipato, nel mezzo della sistematica campagna di distruzione, alla demolizione massiccia di abitazioni civili a Gaza, alla distruzione di infrastrutture, scuole, ospedali e altro. Rendere le condizioni di vita insostenibili per i civili, secondo il diritto internazionale, costituisce genocidio e crimine contro l’umanità. I legali della fondazione dimostrano, con filmati video, dati di geolocalizzazione, evidenze tratte dai social e fotografie, il coinvolgimento diretto dei soldati incriminati responsabili dell’esecuzione materiale.
Prima di lui era toccato ad un tenente in Argentina, comandante del plotone Latak della brigata Givati (435); a dicembre ad un soldato in Thailandia dove si era recato per festeggiare il nuovo anno, e ancora in Argentina a un membro del battaglione 749 poi denunciato interamente alla International Criminal Court (ICC). A ottobre 2023 i legali della Fondazione avevano anche incriminato mille soldati della Israeli Occupation Force (IOF), e altri nei mesi precedenti erano stati individuati e denunciati a Colombo, Sri Lanka, Francia, Olanda e in altri Paesi.
La HRF arriva ovunque, proprio come ha fatto per anni il Simon Wiesenthal Center a caccia dei gerarchi nazisti responsabili dell’olocausto degli ebrei.
Ma perché il caso del Brasile venuto alla ribalta da qualche giorno è una pietra miliare per la missione della Fondazione? La risposta è nella rapidità con la quale la Corte federale brasiliana ha agito, in forza dell’articolo 88 del proprio codice di procedura penale, ordinando alla polizia federale l’esecuzione immediata delle misure richieste motivate da HRF con il rischio di fuga e la potenziale distruzione delle prove è a carico . Nonostante l’incriminato sia riuscito a prendere il primo volo per rientrare in Israele, il caso segna la prima istanza di uno stato firmatario dello Statuto di Roma che applica direttamente le disposizioni senza ricorrere alla Corte penale internazionale (CPI). Costituisce, pertanto, un potente precedente per gli altri Stati chiamati ad intervenire la cui inazione potrebbe portarli a diventare dei paradisi di immunità per i criminali di guerra israeliani.
La HRF, fondata durante il genocidio di Gaza dal libanese Dyab Abou Jahjah, è un ramo del Movimento per i diritti umani “30 Marzo”. Nella sua ragione sociale rende omaggio a Hind Rajab della quale tutti conosciamo la vicenda, non il nome, forse. Era la bambina palestinese di cinque anni la cui storia commosse tutto il mondo. L’auto su cui fuggiva da un bombardamento fu colpita, mori tutta la famiglia e lei, unica sopravvissuta, rimase a lungo in quell’auto sola, circondata dai corpi e dal sangue dei suoi familiari. Le sue urla ci arrivarono nei video circolati nei social mentre implorava aiuto, ma quando, dopo ore di trattative con l’esercito israeliano, l’autoambulanza poté raggiungerla, un altro colpo dal carro armato la fece tacere definitivamente insieme ai soccorritori. Uno dei tanti crimini di guerra!
La missione della HRF è quella di perseguire legalmente i responsabili di queste atrocità, compresi gli autori materiali, i complici e gli istigatori di crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Palestina, sia nei tribunali internazionali che nazionali. Conduce anche campagne di sensibilizzazione sulle continue ingiustizie perpetrate ai danni dei palestinesi per smantellare le narrazioni che oscurano la realtà di questi crimini, sfidare l’impunità israeliana e onorare la memoria delle vittime.
Parafrasando il titolo del libro di Simon Wiesenthal, “Di giustizia, non di vendetta si tratta”
OA/9 gennaio 2025